Il fenomeno di “Squid Game”


Sono tante le serie che riescono ad appassionare un grande pubblico grazie a Netflix. Esempi lampanti sono La regina degli scacchi, o la più discussa Bridgerton , che hanno spopolato proprio verso la fine dell’anno scorso. Quest’anno, invece, abbiamo un’altra serie che ha fatto parlare moltissimo di sé e che, ormai, ha già avviato una lunga serie di meme e di emoticon sul web, oltre ad essere la serie più vista al mondo sul colosso dello streaming. Parliamo della serie sudcoreana ideata da Hwang Dong-hyuk, la fortunatissima Squid Game (letteralmente: il gioco del calamaro). Con le sue nove puntate, questo survival ha tenuto incollati allo schermo appassionati di serie tv in tutto il mondo tanto da diventare un vero e proprio fenomeno pop. Infatti, in Corea, adesso i dalgona (i dolcetti da street food al caramello protagonisti della sfida presente nella terza puntata) non solo sono aumentati di prezzo, ma anche la loro richiesta è raddoppiata. Senza contare che le tute verdi indossate dai protagonisti e quelle rosa degli “antagonisti”, sono in tendenza per cosplay e maschere per il vicino Halloween. Nessuno si aspettava questo grande successo; anche perché, in genere, i drama coreani, prodotti spesso validi, passano sempre in sordina anche quando è una società statunitense della portata di Netflix a distribuirla. E invece, dopo poche settimane dalla data di uscita (il 17 settembre), è slittata in cima alle classifiche, e i social si sono riempiti dell’inquietante canzoncina della prima puntata Mugunghwa kochi pieotsumnida, cantata da una bambola gigante nel primo gioco.

Ma come mai questa serie ha avuto così tanto successo?

I motivi sono diversi, e tutti hanno contribuito a creare una miscela esplosiva carica di tensione e di adrenalina. Innanzitutto, è una serie che si presta molto bene al binge watching grazie al susseguirsi degli eventi e al ritmo veloce. E poi, in secondo luogo, i death game attirano sempre un vasto pubblico. La contrapposizione del gioca o muori ha sempre suscitato interesse, basti pensare alla famosa saga Hunger Games o, ad esempio, a Battle Royale, da cui sicuramente questa serie coreana ha preso ispirazione. Inoltre, anche i colori fanno la loro parte e l’intero comparto visivo è molto curato (un po’ meno la CGI del sangue). La denuncia alla nostra società capitalista ed egoista, aggiungendo anche quella alla situazione di povertà già presente nel film premio Oscar Parasite (anch’esso di provenienza coreana), è un altro fattore che ha inciso sulla diffusione della serie.

C’è un senso di giustizia all’interno di questo gioco; i partecipanti, infatti, hanno le stesse opportunità di vincere, opportunità che mancano nella vita quotidiana. Uno degli elementi più interessanti è che i giocatori, in prima istanza, dopo aver scoperto brutalmente che moriranno in caso di perdita del gioco, decidono di abbandonarlo. Ma, in seguito, tornano perché la loro vita è così miserevole da preferire morire giocando piuttosto che vivere in quell’inferno. La recitazione coreana, in genere macchiettistica, si avvicina molto di più al gusto occidentale, e ciò ha favorito la fruizione del survival. E abbiamo avuto anche il debutto di una modella che per la prima volta si è cimentata nel mondo della recitazione, ossia la splendida Jung Ho-yeon ( Kang Sae-byeok nella serie).

Come si può intuire, la trama è molto semplice: 456 persone, provenienti da situazioni disagiate, sono invitate a giocare ad una serie di giochi tradizionali per bambini per vincere una grossa somma di denaro, parliamo di 45,6 miliardi di won (quindi 33 milioni di euro). I personaggi sono ben caratterizzati, sebbene il loro background sia trattato in misura minore rispetto a quello del protagonista, Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), un papà divorziato e pieno di debiti che vive ancora con la madre. Gi-hun è lo stereotipo dell’uomo giusto, la sua sensibilità colpisce fin da subito ed è una caratteristica che lo accompagna in tutte le sue decisioni, anche nel finale. Al protagonista si contrappone il suo amico d’infanzia, Cho Sang-woo (Park Hae-soo), un uomo estremamente arguto elogiato nel suo quartiere per aver frequentato l’Università di Seoul che, però, si trova in difficoltà economiche a causa di investimenti sbagliati. Sicuramente è il personaggio più enigmatico e farà provare allo spettatore sentimenti contrastanti nei suoi riguardi. Un altro personaggio chiave è l’anziano Oh Il-nam (Oh Yeong-su), il numero 001, che ha un tumore cerebrale e gioca perché non ha più nulla da perdere. Grazie all’escamotage del poliziotto che si intrufola nell’organizzazione (Wang Jun-ho, interpretato da Wi Ha-joon), riusciamo a scoprire qualcosa in più sugli organizzatori del Gioco e su FrontMan, il capo (Lee Byung-hun).

I giochi sono sei, si parte dal più semplice “un, due, tre stella” fino al gioco che dà il nome alla serie, il gioco del calamaro (in voga in Corea dagli anni ’70). Interessante notare come questi giochi tendenzialmente per bambini cambino prospettiva dal punto di vista psicologico nel momento in cui in palio c’è la propria vita. Si creeranno squadre, ci saranno risse e sotterfugi, un mix che va a compensare un po’ tutte quelle spie che rendono questa serie abbastanza prevedibile. Non è un capolavoro, ma certamente non si può negare il fatto che sia la serie del momento. Inoltre, è stata accusata anche di plagio per le somiglianze con il film giapponese As the Gods Will (basato sull’omonimo manga) diretto da Takashi Miike e uscito nel 2014. In risposta a queste accuse, l’ideatore di Squid Game fa notare che la sceneggiatura della serie è iniziata nel 2008 e che, non avendo trovato nessun finanziatore, il progetto è stato annunciato più tardi, nel 2019, quando Netflix ha scommesso sul suo potenziale. Il finale aperto, caro al nostro colosso dello streaming che allunga il brodo quando fiuta il successo, fa pensare ad una seconda (e si spera ultima) stagione. La consiglio perché intrattiene nel modo giusto, anche ai non amanti del genere. Ovviamente, ci sono scene crude, quindi non consigliata a chi si impressiona troppo facilmente. Voto: 8

Antonia Palumbo by serie tv concept

Redazione Star3000